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ABSTRACT

Che cos’è il microbioma e cosa intendiamo per microbiota? E’un argomento ancora poco conosciuto nonostante l’impatto sul nostro organismo. Parliamo di microbiota in relazione all’ecosistema intestinale e ciò ha un risvolto non solo a livello biologico ma anche mentale e potrebbe essere uno spunto interessante per aiutarci ad iniziare ad  avere una visione a 360° di disturbi dell’umore come la depressione e disturbi relativi all’ansia.


Il microbiota è un insieme di microrganismi che fanno parte dell’ecosistema intestinale che reagisce agli stimoli stressanti psicologici, ed è coinvolto nello stato depressivo o ansioso sia negli animali che negli esseri umani.

E pensare che già nel 2003 si parlava di una relazione tra microbiota e depressione, due interessanti studi sull’argomento sono stati sviluppati 13 anni or sono anche se l’ipotesi relativa ad una manipolazione del microbiota intestinale come possibilità terapeutica per la depressione umana risuonava come stravagante nella comunità scientifica. Negli anni successivi e con l’avanzare dei progressi in questo ambito, i meccanismi e le ipotesi proposte da Logan e colleghi (2003; 2005), per cui i microbi benefici potrebbero influenzare l’umore o la fatica, sono stati esaminati sperimentalmente:

Inoltre, studi preliminari sull’uomo controllati con placebo hanno dimostrato che i probiotici orali possono diminuire l’ansia, la percezione di stress, e migliorare lo stato mentale.

Diversi studi sperimentali animali hanno dimostrato che la somministrazione di probiotici può aumentare i livelli periferici di triptofano, e alterare il turnover di dopamina e serotonina nella corteccia frontale e nel sistema limbico.

Inoltre, probiotici arricchiti aumentano i livelli tissutali di acidi grassi omega-3, e quest’ultimi svolgono un ruolo fondamentale nella comunicazione tra le cellule nervose. Il consumo di omega-3, e in particolare di acido eicosapentaenoico , è stato legato ad un miglioramento del tono dell’umore e alla riduzione del disagio mentale degli esseri umani. Infine, i probiotici e il profilo complessivo della microflora intestinale possono influenzare i livelli tissutali di minerali coinvolti nella regolazione dell’umore, come  magnesio e zinco.

Esploriamo insieme gli effetti dei probiotici, e quindi il ruolo che assume il microbiota umano nella connessione con il cervello. Passeremo, quindi, in rassegna una serie di studi presenti in letteratura e poi nello specifico ci soffermeremo su uno studio  randomizzato in triplo cieco che abbiamo scelto di trattare oggi.

Prove a sostegno di ciò sono studi che hanno previsto, nel loro protocollo, la somministrazione di un ceppo di Lactobacillus rhamnosusad animali sani in condizioni di stress (maggiormente elevato nelle prove di labirinto e nel nuoto forzato) mostrando, quindi, una riduzione di comportamenti quali ansia e depressione. Questi cambiamenti comportamentali sono stati associati con alterazioni nel sistema GABAergico del cervello nel  gruppo  che aveva assunto probiotici, abbinando i noti effetti di antidepressivi o agenti chimici ansiolitici (per esempio agenti ansiolitici come le benzodiazepine che lavorano sui  recettori GABA).

Ulteriori ricerche come uno studio che ha previsto la somministrazione orale di Mycobacterium vaccae, un microrganismo presente sul suolo ed ampiamente distribuito in natura, che si può facilmente trovare sulle piante commestibili, ha dimostrato risultati sorprendenti, nei modelli sperimentali,  come il miglioramento della funzione cognitiva e la riduzione di comportamenti come l’ansia tra gli animali.

Altri studi hanno evidenziato che la supplementazione con Bifidobacterium sembra attenuare la risposta allo stress e mantenere adeguati livelli del fattore neurotrofico (BDNF), neuropeptide derivato dal cervello, i cui livelli sono notoriamente bassi nella depressione.

Inoltre, la supplementazione con Bifidobacterium fornisce anche una protezione sistemica contro la perossidazione lipidica e riduce  l’attività delle monoamino ossidasi del cervello aumentando potenzialmente i livelli del neurotrasmettitore coinvolto nello spazio intersinaptico.

La ricerca di gran lunga più convincente, anche se molto preliminare in questo frangente, è quella relativa a studi umani che coinvolgono la somministrazione di probiotici.

La prima indagine formale circa la relazione probiotici ha previsto un campione di 132 adulti sani che ha dovuto consumare una bevanda fermentata a base di Lactobacillus casei per tre settimane in confronto alla condizione placebo, è stato riscontrato un miglioramento significativo dell’umore tra quelli con maggiori sintomi depressivi al basale. Uno studio pilota controllato con placebo, che ha utilizza il medesimo preparato a base di Lactobacillus casei, ha coinvolto 39 pazienti con sindrome di stanchezza cronica. Dopo due mesi, i punteggi di alle scale di valutazione della depressione sono risultati invariati tra i gruppi, tuttavia i punteggi alla Beck Anxiety Inventory hanno mostrato miglioramenti significativi nei comportamenti  ansiosi rispetto alla condizione placebo.

Michaël Messaoudi e colleghi hanno valutato dalla Francia una combinazione di probiotici, Lactobacillus helveticus e Bifidobacterium longum, che è stato somministrato per via orale per un mese (n = 55) in uno studio controllato con placebo. Tra gli adulti altrimenti sani, sono stati notati miglioramenti significativi nella depressione, rabbia, ansia, e più bassi livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) rispetto al placebo. Una ricerca  sperimentale simultanea allo studio in questione ha anche confermato che il probiotico aggiunto alla dieta di roditori era efficace nel ridurre i comportamenti indicativi di ansia. Il gruppo di Messaoudi, inoltre, ha eseguito un’analisi secondaria, guardando in particolare a quelli con il più basso  livello di cortisolo libero nella condizione di partenza(n = 25). Infatti, i risultati hanno nuovamente mostrato miglioramenti con Lactobacillus helveticus e il Bifidobacterium longumrispetto ai controlli (soprattutto nella somatizzazione, nella  depressione e nella rabbia-ostilità), e proprio nel sottogruppo, con bassi livelli di cortisolo, si sono mostrati benefici complessivi per quanto concerne l’ansia e la depressione nel corso del tempo.

Una serie di studi in letteratura, altresì, ha mostrato gli effetti dell’esercizio fisico sulle dinamiche della flora intestinale, il che suggerisce che il regolamento della flora intestinale possa agire come mediatore degli effetti dell’attività fisica sul cervello. È interessante notare che, l’esercizio fisico moduli la diversa popolazione di batteri intestinali rispetto alla restrizione alimentare o ad una dieta ricca, e allevia le sindromi intestinali dovute  all’assunzione di tossine. La flora intestinale potrebbe anche contribuire agli effetti benefici dell’esercizio fisico sulla componente cognitiva ed emozionale, sia direttamente attraverso il sistema serotoninergico che indirettamente attraverso la modulazione del metabolismo e della performance fisica.

Un interessante mini review del 2015, ha infatti evidenziato che  la flora intestinale negli atleti è più varia rispetto al gruppo di controllo, che era anche correlato ai marcatori sierici relativi all’esercizio fisico. In particolare, l’organizzazione del microbiota intestinale influisce sulle prestazioni dell’esercizio: ad esempio, i topi GF (germ free, allevati, cioè in un ambiente totalmente sterile) hanno mostrato meno resistenza alla prova di nuoto, mostrando una ridotta massa muscolare. D’altra parte i corridori, con supplementazione di probiotici multi-strato nel loro regime alimentare, hanno mostrato maggior resistenza nell’attività fisica. In altre pratiche, i probiotici giocano un ruolo fondamentale nel modulare le prestazioni dell’esercizio attraverso molteplici meccanismi, tra cui l’infiammazione, lo stress ossidativo e l’integrità del microbiota intestinale. Collettivamente, questi risultati hanno sostenuto la stretta relazione tra i cambiamenti della flora intestinale e la prestazione fisica.

Quindi i benefici del cervello indotti dall’esercizio fisico potrebbero essere ben modulati attraverso cambiamenti del microbiota intestinale. Ad esempio, la serotonina è necessaria per l’esecuzione di benefici indotti sulla neurogenesi, ed è proprio l’intestino la principale fonte di produzione di serotonina nel corpo; i topi GF hanno mostrato alterazioni significative della serotonina così come i comportamenti rilevanti (quali legati all’ansia e a condizioni di stress), suggerendo quindi  che nei topi GF potrebbero mancare i vantaggi dell’esercizio fisico sulla neurogenesi. Futuri studi sono necessari per esaminare sistematicamente tali possibilità.

Per quanto riguarda invece il coinvolgimento nello specifico del microbiota nella depressione abbiamo scelto di riportare un interessante studio in triplo cieco e randomizzato sugli effetti della somministrazione di probiotici multi specie sulla reattività cognitiva all’umore melanconico.

Secondo le teorie cognitive della depressione, la reattività cognitiva svolge un ruolo centrale nello sviluppo, mantenimento, e nella ricorrenza della depressione e quindi è un obiettivo rilevante per gli interventi. La reattività cognitiva si riferisce all’attivazione di pattern disfunzionali di pensiero, come quello ruminativo (ad esempio, pensieri ricorrenti sulle possibili cause e le conseguenze della propria angoscia), aggressivo (ad esempio, pensare a ferire gli altri o se stessi), legato alla disperazione (come perdita di motivazione e le aspettative per il futuro), e / o pensieri suicidi (ad esempio, pensare che la propria morte è l’unico modo per porre fine alle sofferenze) che sono attivati ​​da sottili cambiamenti del tono dell’ umore. Si presume che tali risposte cognitive disfunzionali derivino da convinzioni negative latenti che vengono riattivate durante condizioni in cui l’umore è piuttosto basso.

Il grado in cui si attivano questi pensieri disfunzionali sembra essere fondamentale nel determinare se un umore triste sarà uno stato transitorio o diventerà prolungato, aumentando il rischio di sviluppare la depressione clinica; la reattività cognitiva,infatti, è considerata uno dei principali marcatori predittivi di vulnerabilità alla depressione e, tra questi modelli di pensiero disfunzionali, il pensiero ruminativo sembra essere particolarmente rilevante.

Si tratta di un disegno di valutazione pre e post-intervento in triplo cieco randomizzato, controllato con placebo. Quaranta soggetti sani (senza alcun disturbo psichiatrico/neurologico o storia familiare di depressione o emicrania) sono stati assegnati equamente e casualmente a ricevere un intervento di 4 settimane di probiotici o placebo; nello specifico, venti partecipanti (3 maschi) con un età media di 19,7 anni (DS = 1,7) e un indice di massa corporea media (BMI) di 21,5 (DS = 2,0) sono stati assegnati alla condizione placebo e venti partecipanti (5 maschi) con un’età media di 20,2 anni (DS = 2,4) e un BMI medio di 22,6 (DS = 2,2) sono stati assegnati alla condizione “probiotici”.

I soggetti  assegnati alla condizione “probiotici” hanno ricevuto  28 bustine (una per ogni giorno dell’intervento), ciascuna contenente 2 g dell’integratore probiotico Ecologic Barrier (probiotici Winclove, Paesi Bassi). L’integratore in questione  contiene otto tipi di batteri: Bifidobacterium bifidum W23, Bifidobacterium lactis W52, Lactobacillus acidophilus W37, Lactobacillus brevis W63, L. casei W56, Lactobacillus salivarius W24, e Lactococcus lactis (W19 e W58). Nella condizione placebo ai partecipanti sono state fornite 28 bustine, ciascuna contenente 2 g di una miscela di amido di mais e maltodestrine.

La reattività cognitiva è stata valutata, pre e post intervento, mediante il Leiden Index of Depression Sensitivity (Leids-R). Si tratta di un questionario self-report con 34 item che valuta in che misura vengono attivati pensieri disfunzionali ​​quando si vive una blanda disforia. I punteggi del Leids-R sono risultati predettivi circa l’incidenza di depressione in diversi studi longitudinali e correlati con i fattori di rischio della depressione, come storia familiare di depressione, marcatori genetici della depressione, e la reazione alla deplezione di triptofano.

I risultati di questo studio non hanno mostrato nessun cambiamento significativo per quanto concerne la reattività cognitiva misurata pre e post intervento nel gruppo dei soggetti trattati con placebo, al contrario, i soggetti che assunto probiotici nel corso delle 4 settimane di intervento hanno mostrato variazioni significative. Infatti rispetto ai punteggi ottenuti nel pre intervento al Leids-R, si è verificata una riduzione statisticamente significativa soprattutto per quanto concerne due pattern disfunzionali di pensiero, cioè quello aggressivo e quello  ruminativo nella valutazione post intervento.

Questi risultati forniscono la prima evidenza che l’assunzione prolungata di probiotici multi specie può aiutare a ridurre i pensieri negativi associati all’umore triste, giocando un ruolo di primo piano nella reattività cognitiva quale fattore predittivo per la depressione. Ciò rappresenta un punto di svolta su cui spero le ricerche future si possano concentrare al fine di concretizzare ciò in un vero e proprio intervento terapeutico.  

 

Riferimenti bibliografici

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